La luna del totano

“Innanzitutto il totano (o todaro) è bellissimo, per le sue sembianze di astronave proveniente da ventimila leghe sotto i mari, o forse perché la luna del totano è quella che non c’è, quando solo le costellazioni si riflettono sulla superficie marina. La pesca al totano rosso (Todarodes sagittatus) viene praticata nelle notti senza luna dai pescatori-contadini muniti di lampare, le tradizionali fonti luminose poste sulla barca; anticamente la luce proveniva da un piccolo braciere sporgente nel quale venivano bruciate pigne e legni secchi, in seguito sostituito da lampade più moderne. Si tratta di un mollusco cefalopode provvisto di dieci tentacoli di cui due più lunghi che vive in profondità elevate e raggiunge un peso considerevole, non è raro che superi i dieci chili e il metro di lunghezza, qualità questa già citata da Aristotele. L’azione di pesca consiste nel calare in alto fondale la totanara e di recuperare, progressivamente verso la superficie, alternando delle lunghe pause. Attratti dalla luce pulsante, i Totani risalgono verso la superficie dove vengono catturati mediante l’utilizzo di altre totanare di dimensioni più contenute. Non siamo però gli unici predatori del totano, il quale vanta estimatori anche tra le Verdesche (Prionace glauca), gli squali blu del Mediterraneo. Per distinguere un calamaro (Loligo vulgaris), considerato più pregiato, da un totano (Todarodes sagittatus) possiamo guardare la loro forma e i loro colori. I calamari sono di colore rosa-grigio tendente al biancastro (quasi fluorescenti alla luce), mentre i totani hanno un colore più chiaro, con striature sul rosso-arancio tendenti al marroncino. Nel calamaro le pinne ai lati del corpo sono romboidali ampie e lunghe attaccate spesso fino a oltre metà del corpo, mentre nel totano le pinne sono triangolari, più piccole e attaccate sul fondo della sacca. Il sapore unico del totano, un po’ moscato, è in gran parte costituito dalla sua pelle marroncino/violacea che non va mai tolta per cucinare, come insegnano a Furore in terra d’Amalfi”.

 

Prof. Alessandro Beghini